Il 26 Aprile 1986 è una data scolpita a fondo nella memoria collettiva, quando lo spettro della nube tossica si abbatté in tutta Europa, ed è lì che sembra che sia rimasta ferma Chernobyl, la città fantasma origine di quella strage che ancora oggi versa in un cumulo di macerie abbandonate. Ma qualcosa è cambiato, il governo ucraino ha preso la decisione di trasformare il luogo simbolo del disastro ambientale in una bandiera dell’energia pulita: la rinascita di Chernobyl passa per l’energia solare.
Gli ultimi test compiuti nell’area hanno attestato che l’installazione dell’impianto fotovoltaico è ammissibile: nella zona di esclusione, ovvero i 30 km circostanti all’ex reattore, il livello di radiazioni è pari a 0,12 microsieverts all’ora, dati confortanti rispetto ai 0,25 corrispondenti al livello di guardia.
Diversa è invece la questione legata ai radionuclidi che si sono annidati negli anni nella vegetazione, nel terreno e nella catena alimentare, impedendo qualsiasi attività di vita quotidiana: rendendo di fatto Chernobyl un candidato perfetto per un parco fotovoltaico.
Perché le rovine di Chernobyl dovrebbero essere un luogo ideale per l’installazione di un impianto fotovoltaico?
Sì, Chernobyl con i suoi 2.500 ettari di terreno libero è davvero un’occasione ghiotta per un progetto fotovoltaico. Inoltre per ovvie ragioni il costo del suolo è bassissimo. Come già detto, questi terreni non possono essere sfruttati per agricoltura o allevamento a causa della contaminazione subita.
Questa vasta area gode di un ottimo irraggiamento solare e possiede già le linee di trasmissione ad alto voltaggio necessarie per installare il fotovoltaico. Inoltre l’Ucraina ha già un vasto numero di personale qualificato adatto per lavorare in una centrale elettrica.
La conversione all’energia solare è parte della strategia di Governo ucraino per emanciparsi dalla dipendenza energetica nei confronti dell’importazioni di gas naturale provenienti dalla Russia, che prevede la creazione di numerose centrali fotovoltaiche nel paese.
Ad oggi il piano di riconversione energetica di Chernobyl raggiunge 1 gigawatt di potenza, ma sono state più volte annunciate possibili estensioni. Il progetto ha visto impiegati 1,1 milioni di dollari ed è stato sviluppato dalla società ucraina Rodina Energy Group in partnership con la tedesca Enerparc AG specializzata nella creazione di impianti fotovoltaici ed energia solare.
I moduli impiegati a Chernobyl sono stati installati secondo speciali tecniche di fondazione e sofisticati sistemi di monitoraggio in grado di garantire un altissimo livello di sicurezza conforme alle particolarità del suolo su cui l’impianto è collocato.
Sono molti gli interessati per contribuire ulteriormente all’ampiamento del progetto: si sono fatti avanti i Cinesi di GCL System Integration Technology Co Ltd. and China National Complete Engineering Corp e i Francesi di Engie. Se i risultati di questa prima parte di realizzazione fossero in linea con le aspettative, sia in termini produttivi che di favore dell’opinione pubblica, si sta pensando ad un progetto analogo anche per Fukushima, altro sito colpito dal disastro nucleare.
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